Pandian: «Non mi definisco un futurologo, ma uno che sa valutare i founder»
di Matteo ScolariInnovazione, futuro e giovani: il Premio Innovazione 2025 è alle porte. Giovedì 22 maggio alle ore 16.00, presso la sede dell’Ordine degli Ingegneri di Verona, andrà in scena la quinta edizione del Premio Innovazione, organizzata dall’Associazione Verona Network in collaborazione con Fondazione Cariverona. Un evento rivolto a studenti e studentesse di scuole superiori, ITS e giovani startupper, con l’obiettivo di valorizzare il talento e le idee capaci di immaginare nuovi scenari.
All’interno di questo appuntamento, verrà consegnato anche il primo Premio Daily, simbolo di un percorso che mette al centro le nuove generazioni. A introdurre il tema, Focus Verona Economia ha ospitato Enrico Pandian, imprenditore e investitore seriale noto per aver fondato realtà come Supermercato24 (poi diventato Everli), oggi attivo con la holding NovaTerra, dedicata a investimenti su energia e salute. Con lui, abbiamo parlato di visione, responsabilità sociale e delle sfide per chi vuole fare impresa partendo da zero.
Come nasce l’idea di NovaTerra, e perché puntare su energia e salute?
Ho iniziato a investire nel mondo startup già nel 2010, e oggi ho all’attivo quasi 195 investimenti, in Italia e all’estero. NovaTerra è nata nel 2021, in pieno periodo Covid, insieme ad altri quattro amici: Luca Quagini, Paolo Calvani, Tarek Fahmy e Oliver Leische. Tutto è partito come uno scambio di idee e opportunità tra di noi, un sounding board. Poi abbiamo deciso di formalizzare e aprire una vera e propria società d’investimento. Abbiamo scelto di concentrarci su due settori: energia — in particolare il nuovo nucleare — e salute e benessere umano. Il mondo si sta elettrificando sempre più: lo vediamo con le auto elettriche, ma il vero nodo sarà l’enorme quantità di energia che consumeremo in futuro. Il nucleare di nuova generazione può essere una risposta, e in Italia abbiamo una filiera già molto avanzata in questo campo. Sul fronte della salute, invece, puntiamo su molecole e medicinali personalizzati, costruiti sul DNA individuale. In più, stiamo investendo anche su soluzioni agricole innovative, come insetti geneticamente modificati che proteggono le colture senza usare fitofarmaci.
Questi sono investimenti ad altissimo impatto. Che tipo di ritorni vi aspettate?
NovaTerra è una holding privata che certo punta al profitto, ma con un orizzonte molto lungo. Parliamo di investimenti su dieci anni, dove non ci aspettiamo ritorni economici immediati. È una parte piccola del patrimonio che ognuno di noi può mettere in campo, ma con una forte valenza sociale. Non è una logica da private equity dove speri in 3-4x: qui si mira a 100-200 volte il capitale investito, con un rischio naturalmente più alto.
Avete scelto anche di coinvolgere investitori esterni, non solo grandi famiglie. Perché?
Perché crediamo che questo tipo di investimento possa diventare un’alternativa accessibile anche ai piccoli investitori. In passato si investiva nella prima casa, poi nei mercati finanziari, oggi si aprono nuovi spazi. Con “Catalisi”, il nostro club deal, diamo la possibilità anche a chi ha piccoli capitali di co-investire con noi. L’importante è costruire un portafoglio diversificato: almeno 5 investimenti l’anno, per arrivare in 4 anni a una ventina di startup.
Serve una certa capacità di vedere il futuro. Si sente un futurologo?
No, direi piuttosto che sono bravo a scegliere le persone giuste. Quando investi in qualcosa che maturerà tra dieci anni, un bilancio non serve. Conta la persona: se è moralmente integra, se ha capacità e visione. Le grandi innovazioni nascono sempre dalle persone. Non mi definisco un futurologo, ma uno che sa valutare i founder.
Che messaggio vuole dare ai giovani che parteciperanno al Premio Innovazione?
Che è fondamentale iniziare da giovani. Fare impresa è un percorso, non si parte subito con l’idea giusta. Meglio iniziare con qualcosa di semplice e imparare come funzionano le aziende: amministrazione, raccolta fondi, commerciale. Ma serve una visione: non su sei mesi, ma su cinque o dieci anni. I giovani oggi hanno una visione molto più attuale e fresca della mia. Per questo investo in loro: anche se la prima startup fallisce, spesso investo anche nella seconda o nella terza. Perché la persona è al centro dell’impresa.
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