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Occupazione in Italia: la CGIA di Mestre “promuove” il governo Meloni

di Matteo Scolari
I dati dell'osservatorio mestrino parlano di oltre 847mila nuovi occupati e una crescita al Sud. Tra i dipendenti +937mila posti fissi e -266mila precari.

Nei primi due anni del governo Meloni, il mercato del lavoro italiano ha registrato una crescita significativa: 847mila nuovi occupati (+3,6%). Secondo i dati dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, questo incremento è stato trainato da 672mila nuovi contratti di lavoro dipendente e da 175mila lavoratori autonomi. Un segnale importante, nonostante le sfide economiche globali.

Il biennio ha visto un calo dei contratti a termine, con una riduzione di 266mila precari, mentre i contratti a tempo indeterminato sono aumentati di 937mila unità. La percentuale di lavoratori con contratto precario è scesa al 14,4%, segnando una diminuzione di 2 punti percentuali rispetto al 2022.

Le donne rappresentano quasi la metà dei nuovi occupati (49,6%). Il loro tasso di occupazione, nonostante resti il più basso in Europa, è salito al 53,6%, mentre il tasso di disoccupazione è sceso al 6,3%.

Marina Calderone, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Il Mezzogiorno ha registrato la crescita occupazionale più significativa: circa 350mila nuovi posti di lavoro, con la Sicilia che guida la classifica regionale (+133.600 occupati, +10%). Anche la disoccupazione è diminuita in modo marcato, con una riduzione di 113mila disoccupati.

Gli over 50 sono stati protagonisti di questa crescita, con 710mila nuovi occupati, pari all’83,8% del totale. Questo risultato è attribuito all’allungamento dell’età lavorativa e alla preferenza delle imprese per lavoratori con esperienza.

Nonostante i dati occupazionali positivi, la produttività rimane una criticità. Inoltre, il 2024 ha visto un aumento delle ore di cassa integrazione, soprattutto al Nord, con un picco di 48 milioni di ore autorizzate a gennaio.

Per consolidare questi risultati, sarà fondamentale utilizzare efficacemente i fondi del PNRR e rinnovare i contratti nazionali per sostenere la crescita degli stipendi. Solo così sarà possibile affrontare le sfide economiche globali e garantire una crescita sostenibile.

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