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Fisco, 2,5 milioni di irregolari: “assorbiti” 156 giorni di lavoro. In Veneto irregolarità al 7%

di Matteo Scolari
Lo studio della CGIA calcola il “tax freedom day” italiano al 6 giugno: il carico fiscale stimato al 42,7% del Pil. In Veneto gli irregolari stimati sono 161,8 mila (7% del totale occupati).

L’Italia ha “lavorato per il fisco” fino al 6 giugno 2025, pari a 156 giorni dall’inizio dell’anno. È la fotografia del “giorno di liberazione fiscale” elaborata dall’Ufficio Studi CGIA: su un Pil previsto a 2.256 miliardi, a fronte di entrate tributarie e contributive stimate in 962,2 miliardi, il peso complessivo del prelievo vale 42,7% del Pil. Da qui l’idea-forza: solo da giugno in avanti gli italiani “lavorano per sé”, per 209 giorni fino a fine anno.

Il dato nazionale si accompagna a un macigno che tocca da vicino anche Verona e il Veneto: l’esercito di 2,5 milioni di occupati irregolari—tra lavoro “in nero” e attività senza partita Iva—che sposta il carico fiscale su chi rispetta le regole. Per estensione assoluta, la regione con più irregolari è la Lombardia (379,8mila), ma il quadro veneto resta rilevante: 161,8 mila lavoratori irregolari su 2,322 milioni di occupati, pari a un tasso del 7%, tra i più bassi d’Italia ma con effetti non trascurabili su concorrenza e gettito. Per Verona—dove la manifattura e i servizi avanzati hanno filiere dense—questo si traduce in distorsioni competitive e in un cuneo più pesante per chi è in regola.

Lo studio sottolinea che l’aumento della pressione fiscale stimata nel 2025 (+0,1 punti sul 2024) è in parte un “effetto statistico”: la decontribuzione 2024 è stata sostituita con una combinazione di sconti Irpef e un bonus per i redditi da lavoro dipendente più bassi. Poiché il bonus viene contabilizzato come maggiore spesa e non come minori entrate, la pressione “apparente” non beneficia di questa rimodulazione; tenendone conto, il livello effettivo si collocherebbe al 42,5%. Un punto cruciale per imprese e professionisti veneti, che valutano cash flow e costo del lavoro su base netta più che statistica.

Nel lungo periodo, il confronto storico racconta che il minimo degli ultimi trent’anni risale al 2005 (governo Berlusconi II), con pressione al 38,9% e un “liberi dal fisco” dopo 142 giorni; il picco arriva nel 2013 (governo Monti/Letta) con il 43,4% e 158 giorni. Una traiettoria che interessa anche Verona: periodi di pressione più bassa hanno sostenuto investimenti e consumi locali; quelli più alti hanno compresso i margini soprattutto nelle PMI e nell’artigianato, ossatura dell’economia scaligera.

Il quadro europeo mette l’Italia al sesto posto per pressione fiscale nel 2024: davanti Danimarca (45,4%), Francia (45,2%), Belgio (45,1%), Austria (44,8%) e Lussemburgo (43%). L’Italia è al 42,6%, 1,8 punti sopra la Germania e 5,4 sopra la Spagna; tra i big, solo Parigi ci supera. Per i distretti veneti orientati all’export, dalla meccanica veronese all’agroalimentare, il differenziale di prelievo resta un tema di competitività e attrattività degli investimenti.

La CGIA richiama infine a una lettura corretta dei numeri: negli ultimi anni la risalita della pressione non deriva da un generalizzato aumento di aliquote, ma da una somma di misure e andamenti che hanno inciso sul conto economico pubblico—dalla decontribuzione rafforzata nel 2024, all’accorpamento degli scaglioni Irpef, fino al buon gettito da imposte sostitutive sui redditi di capitale e alla crescita delle retribuzioni legata ai rinnovi. Per l’ecosistema produttivo veneto—fatto di PMI, cooperative, consorzi e una fitta rete di fornitori—la priorità resta stabilità normativa e semplificazione delle scadenze, così da ridurre costi amministrativi e liberare risorse per innovazione e export.

In sintesi, il 2025 conferma un’Italia che si “libera” dal fisco solo a inizio giugno, con il Veneto tra le regioni più virtuose per bassa irregolarità ma ancora esposto agli effetti distorsivi del sommerso. La sfida—cruciale anche per Verona—è allargare la base imponibile combattendo l’illegalità, proteggere i redditi da lavoro e, soprattutto, semplificare: perché ogni giorno risparmiato in burocrazia può diventare crescita e occupazione.

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